25 giugno 2008

Ho scippato un post!

Ebbene sì cari lettori, ho commesso un “furto”… Ho scippato il post, qui pubblicato, al blog http://www.dueruotenelweb.blogspot.com/ per condividerlo con tutti voi.
Rubare per condividere può attenuare la responsabilità del reo?
Confido nella vostra indulgenza.

Buona lettura!!

Amarcord.
venerdì 13 giugno 2008


Agli inizi degli anni '60 ciò che poteva rappresentare la maggiore aspirazione dei motociclisti smanettoni erano gli scooter elaborati, i cosiddetti pignatoni, ovvero quelle Lambrette o Vespe con cilindrate da 200 cc e qualcosa oltre. Erano chiamate pignatoni poiché i loro pistoni, rispetto a quelli originali erano così grossi che assomigliavano a delle pentole. Questi scooter elaborati, che andavano come schegge, con velocità finali di tutto rispetto avevano un grosso handicap: freni, telaio e sospensioni erano progettati per una velocità massima che poteva superare di poco i 100 Km/h. Chi procedeva ad un’elaborazione del motore, dai costi non indifferenti, il più delle volte si ritrovava con la borsa vuota proprio quando veniva il momento di rivedere la parte ciclistica. Accadeva così che ci si ritrovava con un mezzo dal motore veramente performante ma potenzialmente pericoloso. Purtroppo più di uno ci lasciò la pelle o finì col farsi veramente male poiché le sfide fra lambrettisti e vespisti o fra stessi lambrettisti e vespisti erano all’ordine del giorno e la posta in gioco a volte prevedeva la cessione del libretto di circolazione. Questo periodo rocambolesco, fatto di scommesse, sfide e provocazioni, con tanto di conclamati cavalieri pronti a rischiare la pelle e padrini che andavano a proporre la sfida durò per un bel po’ di anni. Queste sfide che si verificavano generalmente in luoghi poco frequentati, vedevano due tipi di prove: quella su tratto rettilineo dove i cultori dell’accelerazione e della velocità finale si potevano cimentare; l’altra su percorsi tortuosi ed in salita, dove altrettanti cultori della piega potevano dimostrare la loro determinazione. Uno dei luoghi preferiti e più gettonati per le gare in salita era la Monte Pellegrino (Palermo – Sicilia), un percorso fatto di brevi rettifili e tornantini a 180 gradi che portano sulla vetta dell’omonimo monte, a circa 600 metri di altitudine. L’arrivo comunque non era proprio sulla sua cima, ma a meno di metà strada, (circa 5 chilometri) in uno spiazzo dove sorge la piccola cappella dedicata a Santa Rosalia, patrona dei Palermitani. Le sfide si effettuavano generalmente alle prime luci dell’alba, mentre il percorso veniva “piantonato” dai tifosi dei due duellanti i quali avevano la funzione di bloccare e far mettere da parte l’eventuale automobilista che si trovava a transitare da quelle parti. Un sistema di segnalazione a vista faceva si che un attimo dopo la partenza tutto il tragitto fosse allertato. Nella ricerca spasmodica della leggerezza gli scooter dei duellanti erano ridotti all’osso. I cofani laterali erano le prime cose ad andare via. Ma ciò non bastava! Persino gli scudi anteriori venivano letteralmente segati, mentre delle piccole pedane venivano saldate al telaio centrale per sostituire l’intero pianale poggiapiedi. Naturalmente i parafanghi anteriori rappresentavano un inutile sovrappiù, e quindi via anch’essi. Anche le selle passavano attraverso le cure degli alleggeritori, trasformandosi in una sorta di tappetino in gommapiuma con un rivestimento in similpelle. Detta sella oltre ad eliminare un bel po’ di peso consentiva al conducente di assumere una posizione più aerodinamica e di abbassare il baricentro dell’intero mezzo. Infine i silenziatori venivano letteralmente aperti in due e svuotati da tutto ciò che vi era all’interno. Il suono che usciva dallo scarico era metallico, simile a quello di un martello che picchia su una grossa latta. Quello che rimaneva dell’intero scooter era uno scheletro informe dove però spiccava incontrastata la sagoma del motore e del suo grosso carburatore che aspirava attraverso un enorme fungo di alluminio. I forti rumori di aspirazione si accompagnavano al battito metallico del motore in un mix davvero entusiasmante. L’odore acre del ricino combusto completava lo scenario. La risonanza che queste gare producevano nell’ambiente motociclistico era notevole. Il vincitore poteva fregiarsi per lunghi periodi di una notorietà inaspettata e se quest’ultimo era un meccanico (come spesso accadeva) tanto meglio... avrebbe visto aumentare i propri clienti in cerca di una chicca che potesse donare al loro scooter una particolare iniezione di potenza!

P.S. Grazie Melus!!

Alla prossima.

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